mercoledì 2 novembre 2011

Nasce così il Legendario Marshall Sound

All’inizio degli anni 50 il genio di Leo Fender crea un amplificatore da basso che subito suscita interesse anche tra i chitarristi a causa del suo timbro definito e allo stesso tempo molto caldo e pieno di armoniche. Ci si riesce a suonare un po’ tutti i generi musicali in voga all’epoca, dal Jazz dei locali fumosi di Chicago fino all’allegro Rock ‘n’Roll che spopola sul versante Ovest degli States. L’ampli in questione è naturalmente il Bassman, circuito 5F6-A (vedi foto sotto). Inizialmente si presenta sotto forma di combo rivestito in tessuto Tweed con a bordo 4 coni da 10” in Alnico, poi negli anni il circuito evolverà e l’ampli verrà prodotto anche come sistema separato Testata + Cassa (dedicheremo agli ampli Fender un’altra puntata;-).

                            
Intanto in Inghilterra intorno al 1960 un giovane batterista mette su un negozio di batterie e, avendo come clienti nomi illustri del movimento beat britannico che in quel periodo inizia a far sentire la propria eco in tutto il mondo, decide di allargare la propria offerta commerciale vendendo anche chitarre, bassi e amplificatori. Ah, dimenticavo questo giovane batterista di cui parliamo si chiama Jim Marshall !
I prodotti Fender all’inizio degli anni 60 avevano già una certa fama e quindi niente di più semplice per il signor Jim che importare dagli States i prodotti del cuginetto Leo.
Il successo nelle vendite arriva subito, ma purtroppo i prezzi non sono proprio alla portata di tutti. Questo anche a causa dei costi d’importazione.
E' così che al grande Jim Marshall balena per la testa l’idea di provare a costruire degli amplificatori simili ai Fender.
Egli non ha la minima esperienza in campo elettronico e quindi chiede aiuto a due collaboratori, di cui uno è un progettista elettronico e l’altro un tecnico riparatore.
Jim Marshall si occupa del disegno degli chassis.
I tre studiano a fondo il circuito 5F6-A del Bassman e, con i componenti allora in uso in Inghilterra, creano il primo prototipo di Marshall. L’ampli ha valvole finali 5881, le stesse utilizzate dal Fender Bassman, i trasformatori vengono riprogettati e la cassa viene separata dal resto dell’ampli ed equipaggiata con 4 coni da 12” in luogo dei 4 da 10” del Bassman. Eroga 45 Watt !
Nasce così il JTM45.

                        


                         

Pur rifacendosi al Bassman, il JTM45 ha un timbro tutto nuovo, più aggressivo, e quindi raccoglie da subito forti consensi tra personaggi come Pete Townshend ed Eric Clapton, artefici in tale periodo storico di una nuova svolta musicale che di lì a poco catturerà  mezzo mondo!
E sono proprio i suddetti chitarristi a chiedere a Jim Marshall un ulteriore incremento di aggressività e attacco! Jim Marshall coglie la palla al balzo e, complici anche gli eccessivi costi delle valvole Americane, decide di montare sulla sua nuova creatura valvole finali Inglesi del tipo KT66. Il gioco è fatto, è nato il Marshall Sound !

                      

Ecco un link interessante dove potete ammirare ed ascoltare una di queste meraviglie:

To be continued…;-)

*Photos taken from web

giovedì 15 settembre 2011

Sto tornando ragazzi !


Ciao Ragazzi,
spero che quella appena trascorsa sia stata un'estate intensa, piena di Rock 'n' Roll e buona musica in generale. Un'estate in cui le vostre corde e i vostri speakers hanno vibrato freneticamente...
Io sto tornando, dopo un'estate colma d'impegni, a raccontarvi una delle più belle storie del Rock Sound, tenetevi pronti perchè ho intenzione di tirare su il volume a manetta !-)
Please Stay Rock, my friends...Man at Rock WorK !

martedì 28 giugno 2011

Amplificatori GRANGER !

Ciao cari amici,

oggi vado a ritroso, nel senso che m'ero prefissato di iniziare a parlare di uno storico ampli (chissà quale...;-), però mi sono imbattuto in un filmato su Youtube che m'ha fatto innamorare! Oggetto del filmato?
Beh, sì, si tratta sempre dello storico ampli, ma rivisto e reinterpretato da un grande produttore boutique d'oltreoceano: GRANGER AMPS.


                            

 Insomma per farla breve stiamo parlando del signor Plexi in persona, vitaminizzato un pochino, in modo da ritrovarsi scaraventati di colpo nella copertina dell'album Van Halen 1.
Il link al produttore è il seguente:


e il video è il seguente:


A breve vi parlerò approfonditamente della nascita e dell'evoluzione del Marshall Plexi, ma adesso voglio semplicemente accennarvi al fatto che l'ampli del video nasce essenzialmente prendendo spunto dal sound che il nostro mitico Eddie Van Halen tirava fuori dalla sua testata Marshall SLP 100 Watt del '68 portata a manetta e collegata ad un variatore d'impedenza, o variac che dir si voglia (vedremo in seguito...)!
La novità però sta nel fatto che alla Granger hanno pensato bene di dotare l'amplificatore di un ottimo Master Volume e di eccellenti trasformatori avvolti artigianalmente, così da poter ottenere certe timbriche senza vedere l'arrivo della Polizia;-) La costruzione di tali gioiellini avviene completamente a mano e il circuito elettronico è privo di schede PCB, i componenti vengono quindi assemblati utilizzando la tecnica Point to Point. Come d'altronde avveniva alla Marshall fino ai primissimi anni 70. Nel video che vi ho segnalato appaiono interessanti particolari interni dell'ampli, per i maniaci come il sottoscritto !
Da segnalare inoltre anche le ottime repliche GRANGER del Marshall JTM45 e del Marshall Super Lead 100, oltre che di un Super 20 Watt chiamato NITRO, dal tiro incredibile!


Ah, dimenticavo, il prezzo! Per un prodotto del genere meno di
$ 1500,00 sono a mio avviso un ottimo prezzo. A patto di tener conto di dazi e spese doganali. 
Buon RocK a tutti ragazzi. A prestissimo.
                                                                               
 Joseph

*Photos taken from the web





lunedì 13 giugno 2011

A caccia del vero Strat Sound !


Ciao a tutti ragazzi.
Oggi parliamo di quella che forse è la chitarra più conosciuta e più suonata al mondo: la Stratocaster!
Sono state scritte migliaia di pagine a proposito di questa meraviglia, prendendone in esame i vari aspetti, ci sono intere opere dedicate alla nostra amata Strato.
Ma ciò su cui oggi voglio soffermarmi in particolare sono i pickups per Stratocaster!

Attualmente infatti sono a caccia di un set di pickups che conferisca alla mia Stratocaster ’68 Reissue quel qualcosa che adesso non ha con i Texas Special (set di pickups di casa Fender dal suono piuttosto duro e medioso) a bordo.
E quando dico questo mi riferisco in particolare al famoso “bell tone”, per dirlo all’americana. Per capire concretamente a cosa mi riferisco ecco a voi un bel link, tra l’altro molto divertente:
Ecco, ciò che avete ascoltato nel presente video è precisamente quello che sto cercando.
E poiché è improponibile acquistare una Stratocaster originale d’epoca come quella lì bisogna ricorrere ad uno tra i tanti set di pickups che ormai produttori di tutto il mondo si cimentano a replicare, con risultati più o meno fedeli.
Prima caratteristica da valutare se si è alla ricerca di un suono come quello di cui sopra è il valore di impedenza dei pickup (espresso in KOhm). A grandi linee possiamo affermare che al crescere dell’impedenza il suono dei pickup perde definizione e acuti, e si arricchisce di frequenze medio basse.
Quindi diciamo subito che per ottenere un sound autentico di Stratocaster non bisognerebbe andare oltre ai 5,8K per il pickup al manico e i 6/6,3K  rispettivamente per i pickup al centro e al ponte.
Altre caratteristiche importantissime da valutare nell’acquisto di un ottimo pickup da Stratocaster sono il tipo di materiale con cui vengono costruiti i magneti, per il suono di cui sopra infatti l’Alnico 2 o l’Alnico 5 è d’obbligo; e in ultimo la tipologia di filo di rame, che all’epoca era l’AWG42 Formvar/ Plain Enamel.
Ecco quindi che dalla cernita fatta valutando i vari sample e forum online spiccano i seguenti prodotti:
·        Lollar Blackface pari merito con un produttore boutique italiano di cui per adesso non svelo l’identità (sarà una sorpresa)- A mio avviso le repliche più fedeli in assoluto. I pickups Lollar non sono però proprio a buon mercato.
·        Kinman AVN Blues/ Woodstock – Pickups di gran classe e qualità, con molte opzioni di personalizzazione fornite dalla casa. Hanno però prezzi abbastanza elevati.
·        Van Zandt True Vintage/Vintage Plus - Pickups dalla forte personalità e con un gran volume e una gran timbrica. A detta di alcuni, rispetto ai precedenti, perdono un po’ in dinamica. Ma onestamente sono tra i pickup che più mi tentano, anche per via del buon rapporto qualità/prezzo rispetto ai precedenti.
·        Fender Custom Shop Fat50 – Pickups molto ben bilanciati, con bassi eccellenti e un ottimo suono Strato anni 50 per quanto riguarda soprattutto le posizioni al manico e al centro. Rapporto qualità prezzo discreto.
·        GFS pickups – La miglior scelta per chi magari possiede una Strato di medio livello a cui vuol regalare un’ottima voce ad un prezzo bassissimo.
E’ possibile acquistare questi pickups direttamente online.

Sicuramente ho riassunto molto l’argomento e ho stilato la mia personale classifica non tenendo conto delle altre decine e decine di aziende produttrici di pickups.
Ma  l’obiettivo del presente post è proprio quello di fornire già un obiettivo preciso a chi, come il sottoscritto, è da mesi a caccia del favoloso e autentico Strat sound.
Naturalmente chi di voi dovesse avere altre belle dritte da suggerire non esiti minimamente. Sono tutt’orecchie!!!
Rock On Friends !


*Photos and vids taken from web

lunedì 23 maggio 2011

AC BOOSTER : UN MAGNIFICO BOOST/DRIVE

Ciao ragazzi, dopo un periodo d’assenza caratterizzato da contrattempi d’ogni genere torno per parlarvi di un grandissimo effetto che fino a una settimana fa non avevo mai avuto il piacere di avere sotto i piedi.
Il tutto nasce da una chiamata di un mio caro amico, nonché naturalmente mastro chitarraio ;-)
Come sempre succede nelle chiamate tra chitarristi, si inizia a parlare di ampli, effetti, modifiche, e chi più ne ha più ne metta. E nella chiamata di cui sopra l’oggetto in questione è un pedale boutique di casa XOTIC, l’AC Booster !

Il caro amico seicordista infatti inizia a tessere le lodi del suo ultimo acquisto, il BB Preamp  di casa Xotic e mi confessa che gli piacerebbe però avere sotto i piedi anche l’AC Booster.
Quindi, viste le mie voglie da smanettatore elettronico e preso atto dei prezzi non proprio popolari del suddetto pedale, decidiamo di farne una replica.
Tempo fa l’AC Booster e il BB Preamp avevano incuriosito anche me (in occasione del concerto di Andy Timmons…) e quindi avevo iniziato a raccogliere info varie riguardo al circuito, poi però non avevo avuto più modo di procedere. Quindi questo era il momento giusto per rimettersi in gioco con questo giocattolino. Ma lasciamo stare tutti i dettagli tecnici, oggi voglio soltanto parlarvi dell’AC Booster e lo sto facendo tramite la mia replica per i suddetti motivi logistici. E dopo aver preso atto della fedeltà del progetto da me seguito.
E allora, veniamo alla prova su strada, ehm scusate, in sala. L’amico rocker arriva armato di BB Preamp e si preannuncia una battaglia infuocata.
Accendiamo la mia fida Sound City 50 Plus (collegata alla classica 4x12 Marshall 1960), e intanto che le valvole fanno il warm-up disponiamo in catena, appunto, il BB Preamp originale (il confronto è d’obbligo) e l’AC Booster replica. Come chitarra utilizziamo una Edwards Les Paul ’59 Replica, tutto è pronto, Standby in posizione ON, e via con accordi aperti, power chords, triadi e licks vari.
Dopo circa 2 minuti serrati trascorsi sotto il fuoco incessante di decine di decibel ci basta uno sguardo per capire che l’AC Booster è davvero un grandissimo pedale. E la grandezza di questo effetto sta nel fatto di avere un controllo di toni (Treble & Bass) attivo grazie al quale è possibile ottenere sfumature timbriche pressocchè illimitate senza alterare però il carattere della chitarra che si sta suonando. Personalmente sono rimasto molto impressionato dalla versatilità dell’AC Booster. Con il GAIN a zero e il VOLUME a ¾ si ottiene uno dei più bei real boost che abbia mai ascoltato, la dinamica è ai massimi livelli e la definizione delle singole note è a livelli di eccellenza, con il calore valvolare sempre ben in evidenza. Se invece portiamo il GAIN al massimo ecco davanti a noi un Overdrive di una musicalità e dinamica incredibili, sembra di suonare su una vecchia Plexi/Ac30 anni ’60 imballata.
A confronto con il BB Preamp l’AC Booster ha una riserva di headroom più alta, raggiunge la saturazione più tardi e il livello di gain massimo ottenibile è più basso. La pasta sonora è praticamente uguale.
Dopo questa prova mi sento di consigliare vivamente i pedali di casa Xotic a chiunque cerca un suono d’altissimo livello e dinamica, capace di spaziare dal blues tradizionale all’Hard RocK estremo.
Alla prossima amici !
* Photo taken from the web

martedì 19 aprile 2011

Il TS-808

Ciao a tutti ragazzi,
dopo avervi parlato del Fuzz Face e del Tone Bender come potrei esimermi dal presentarvi un altro pedale da culto, ovvero il Tube Screamer, il re dei pedali Overdrive ?
Credo infatti che sia davvero difficile trovare un chitarrista di estrazione rock-blues che non abbia nel suo arsenale il suddetto effetto.
Il motivo essenzialmente è uno, e cioè la capacità che un buon TS-808 ha di non alterare la timbrica dello strumento e allo stesso tempo di imballare l’ampli così da tirarne fuori un bel suono valvolare caldo e dinamico (Tube appunto…), ricco di armoniche.
La leggenda ha inizio sul finire degli anni 70, quando l’Ibanez,  già produttrice dei pedali Overdrive e Overdrive2 (dal sapore più fuzzoso), partorisce il TS-808 pro .
Il cuore di questo pedale overdrive è nel chip, un JRC4558 made in Japan che, insieme ad altri componenti nipponici di ottimo livello e a certe accortezze progettuali a livello di clipping (termine che indica la soglia in cui il segnale inizia a distorcere), regala al sound della chitarra particolare definizione e trasparenza.
Se si vuole ascoltare uno spettacolare suono di Tube Screamer basta inserire nel nostro lettore CD (meglio ancora su una bella piastra giradischi) uno dei tanti capolavori del maestro Stevie Ray Vaughan, che proprio negli stessi anni riportava in vita il blues con una forza devastante.
 Infatti solitamente è proprio al suo suono che noi chitarristi siamo soliti associare l’effetto in questione.
E non credo sia sbagliato pensare che gran parte della fortuna che Ibanez ha avuto col Tube Screamer sia dovuta alle formidabili gesta del chitarrista Texano.
Il TS-808 uscì di scena nel 1982, rimpiazzato dal nuovo TS-9 che ne conservava però soltanto parzialmente le caratteristiche circuitali. In alcuni esemplari di Ts-9 (gli ultimi) il chip, vera anima e cuore del pedale, fu sostituito con uno di altro tipo che conferiva al pedale più aggressività, più asprezza e meno calore.
Nell’86 anche il TS-9 uscì di scena per far posto al TS-10, e qualche anno dopo al TS-5, che addirittura si presentava in un contenitore di plastica nero e quindi risultava molto più rumoroso a causa della scarsa schermatura.
Inoltre queste serie erano caratterizzate dalla bassa qualità di condensatori, potenziometri, jack e assemblaggio (fatto a Taiwan e non più in Giappone).
 Nel 1993 fa la ricomparsa sul mercato il TS-9, ma ancora una volta il chip utilizzato per dar voce all’effetto non è il JRC4558.
Tale pedale è tuttora in produzione, ma dal 2002 la parte elettronica non è più curata dalla Maxon, ma dalla stessa Ibanez.
Nel 2004 ecco che torna in gioco anche il TS-808. Le belle sonorità Vaughaniane sono sempre più richieste dal pubblico seicordista, e così ricompare come per magia il chip JRC4558D all’interno del circuito.
Il mitico suono è ritornato, migliorato rispetto alla riedizione del Ts-9, e quasi del tutto fedele alle sonorità del “vero” Ts-808.
Dico quasi, perché a parer mio e di altri addetti ai lavori la qualità dei componenti elettronici non è eccelsa e sicuramente suscettibile di ampi margini di miglioramento.
Tant’è che da un paio d’anni è sul mercato la versione HandWired del Ts-808, interamente cablato a mano con componenti di altissima qualità ad un prezzo di circa 250 euro.
Quasi un affare se pensiamo che un TS-808 originale ben tenuto dell’epoca ‘79/’81 può toccare quota 500 euro.
E cosa saranno mai se pensiamo di avere sua Maesta Stevie ai nostri piedi ?!!
Un Tube saluto a tutti, a presto.
         Giuseppe


*Photos taken from the web

martedì 5 aprile 2011

Il Tone Bender parte2


Buongiorno a tutti ragazzi.
Continuiamo a parlare di lui, dell’effetto che ha marchiato a fuoco tanti mitici riff e soli della storia del rock: il Tone Bender.
La versione MK I.V esce di scena prestissimo, tant’è che trovare sul mercato un originale è un’impresa ardua, e se si ha fortuna a trovarlo bisogna essere disposti ad alleggerire di parecchio il portafogli (ho visto esemplari in vendita per 1000 e passa Euro…).
A questo punto entra in scena la versione MK II. Questa volta il cuore del circuito è costituito da 3 transistor al Germanio OC75, e in un secondo momento da 3  OC81D, alloggiati insieme agli altri componenti su una Strip Board (millefori in Italiano). Specialmente quest’ultima variante con gli OC81D permetteva ai chitarristi maggiore versatilità, consentendo loro di passare ad un suono clean decente abbassando il solo controllo di volume della chitarra.



L’MK II venne prodotto sempre dalla Sola Sound, la quale forniva anche la Rotosound, la Marshall e la Vox. Il modello di casa Marshall era il SupaFuzz, praticamente identico all’MKII e costruito unicamente con transistor OC75. Negli ultimi esemplari di Supafuzz la Strip board fu sostituita dalla PCB e il suono di questi ultimi esemplari risulta essere più scuro.
 Senza alcun dubbio la versione più rara del Tone Bender MKII è proprio la prima versione fatta dalla Vox. Questo pedale iniziò ad essere prodotto in Inghilterra a fine ’66 con lo stesso circuito Sola Sound di cui sopra, ma dal ’67 la produzione si spostò in Italia e anche il circuito subì delle variazioni rispetto all’originario Sola Sound. I transistor diventarono due, e per la precisione un SFT337 e un OC76, che negli ultimi esemplari fu sostituito da un SFT363E. Anche i valori dei condensatori e di alcune resistenze cambiano. E così ne vien fuori un pedale dalle caratteristiche sonore differenti rispetto al primo MKII. La timbrica risulta essere molto brillante, quindi il pedale si sposa bene con ampli dalla pasta sonora scura.
Questo modello di Tone Bender  di casa VOX è stato quello prodotto più a lungo, fino agli ultimi anni 70.
Mentre nel 1968 la Sola Sound lancia sul mercato il Tone Bender MK 3.
In questa versione appare per la prima volta un controllo di toni che dona al pedale il massimo della versatilità. Essenzialmente il circuito è molto simile a quello  dell’MKII, ma grazie al controllo di toni, all’aggiunta di un diodo nel circuito e ad un altro paio di cambiamenti il pedale assume delle sfumature sonore assolutamente non ottenibili dalle precedenti versioni.
L'MKIII e l'MKII sarnno i pedali più utilizzati da Jimmy Page dei Led Zeppelin, il quale in un’intervista dichiarò quanto segue:
“D: What's the unusual device you use on your guitar?
  R: Page: It's called  Tone Bender. I had somebody custom make it for me and I get 75% of my sound with    it. It's very similar to a fuzzbox, but I can sustain notes for several minutes if I want to. It just has an on and off switch and it also has a fuzzy sound.” Mine
Durante tutti gli anni 70 la Solasound/Colorsound  ha continuato a produrre il Tone Bender, ma a partire dal 1972 circa i transistor al germanio OC71 , OC75 e OC76 furono totalmente rimpiazzati da transistor al silicio fornendo così al pedale maggior gain, maggior sustain e un suono più scuro. Altra caratteristica dei Tone Bender equipaggiati con transistor  al silicio è la più bassa dinamica rispetto ai predecessori.


A conclusione di questa lunga storia non posso che consigliarvi la prova di un Tone Bender di buona qualità se vi si dovesse presentare la possibilità; credo che per gli amanti come me di un bel suono da Rock fine anni 60 questo sia un oggettino davvero irrinunciabile. Oggi sono disponibili sul mercato alcune repliche davvero interessanti, e con circa 200/250 euro ci si porta a casa un suono che ha fatto storia.
Un caro saluto a 6 corde, e alla prossima puntata.
Giuseppe
*photos taken from the web

sabato 2 aprile 2011

Il Tone Bender parte1

Ciao amici. Oggi parleremo della nascita di un capolavoro, di un pedale grazie al quale sono state scritte decine, forse centinaia, di pagine del Rock e del Blues.
Sto parlando del Tone Bender.
Dobbiamo andare indietro al 1965, quando nella swinging England l’ingegnere Gary Hurst inizia a rielaborare il circuito dell’allora già ben noto Gibson Maestro FZ-1 (il fuzz responsabile del riff di Satisfaction…).
In quel periodo infatti la storia vuole che il chitarrista Vic Flick, autore della colonna sonora di James Bond 007, si sia rivolto proprio all’ing. Hurst per far apportare un aumento di gain sul suo Gibson Maestro Fuzz.
Fu così che prese vita la prima versione del Tone Bender, in gergo la MK1.
Il pedale era alloggiato in un case di acciaio bicolore nero e marrone ad effetto martellato e le scritte erano apposte a mano tramite normali transfer. Qualche esemplare fu costruito in legno e acciaio.



I primi esemplari furono prodotti sotto il nome Gary Hurst, dopodicchè ci fu il passaggio al brand Sola Sound.
L’MK1 deve il suo suono ai tre transistor al germanio del tipo OC75, OC76, 2G381, ecc. alimentati a 9 volt (il Gibson Maestro era alimentato a 3 volts) tramite una pila zinco carbone.
Grazie a qualche piccola modifica sui valori di resistenze e condensatori il Tone Bender era in grado di fornire un suono più grosso e ricco di sustain rispetto al Maestro.
Per farsi un’idea di tale suono basta ascoltare il primo Jeff Beck con gli Yardbird, i lavori di Mick Ronson con David Bowie e il primo Pete Townshend.
Per quanto riguarda la parte prettamente tecnica, il Tone Bender veniva costruito con tecnica Point to Point su la classica board forata. Importante accorgimento per l’epoca era l’utilizzo di cavi schermati sull’ingresso e sull’uscita, in modo da limitare al massimo eventuali interferenze sul segnale audio.

All’inizio del 1966 la Sola Sound apporta le prime modifiche al circuito dell’MKI: nasce così il Tone Bender MK I.V

L’originario circuito a 3 transistor viene modificato e i transistor diventano 2, per la precisione due OC75 al germanio. Inoltre i componenti vengono alloggiati su una Strip Board. L'abbondante utilizzo di cavo schermato e prese jack isolate restano uno standard nella produzione.

Anche il case cambia e diventa di alluminio color grigio martellato dalla forma più affusolata.
Il suono di questa nuova versione diventa più cremoso e meno scorbutico rispetto alla prima. E’ praticamente identico a quello del Fuzz Face, la cui nascita avviene proprio sul finire del 1966.
Ma la vita della versione MK I.V è piuttosto breve, infatti arriva sul mercato il Tone Bender MK II.
E di quest’altro fantastico pedale ne parliamo nel prossimo post.
A presto amici.
Giuseppe

Photos taken from the web

venerdì 25 marzo 2011

Tutto inizia da un buon Cavo!

Buongiorno cari amici seicordisti musicanti.
Oggi voglio prendere in esame un oggetto che sta alla base di un buon suono, un fattore che a volte viene erroneamente trascurato nel momento in cui si imbraccia la nostra amata chitarra elettrica e ci si dirige verso l’input dell’ampli: sto parlando del cavo. Sì, proprio lui, potremmo identificarlo come il nostro corriere del suono, sempre pronto a prendere le nostre emozioni e a trasferirle lì dove prenderanno voce e saranno giudicate da timpani inflessibili.

E a volte, presi dalla bellezza di una gran chitarra piuttosto che dall’ultimo arrivo in pedaliera (tra l’altro piena di cavi anch’essa) neanche facciamo caso alla scelta di un buon cavo. Anche perché, a meno che non si è soliti girare 30 palchi al mese, un cavo può accompagnarci per anni, acquattato lì da qualche parte come una biscia.
Ma quali sono i parametri essenziali da prendere in considerazione al momento dell’acquisto di un cavo?
Sicuramente dobbiamo considerare:
·       La bassa capacità, espressa in pF/m. Un ottimo cavo ha una capacità non superiore a 100pf/m. Questo parametro è fondamentale ai fini della chiarezza e definizione del suono, nonché al fine di una ottimale trasmissione degli acuti.
·       Un ottimo conduttore. Molti costruttori utilizzano nei loro cavi argento oppure leghe di rame e argento. Grazie a questi materiali il passaggio del segnale avviene in maniera più fluida e veloce.
·       Un adeguata schermatura. Uno degli elementi più importanti di un cavo è la schermatura. E cioè il potere che un cavo ha di mantenere imprigionato il segnale della chitarra al suo interno e allo stesso tempo di evitare che interferenze esterne di varia natura penetrino al suo interno creando fastidi vari, come ronzii e fruscii fastidiosissimi. Cavi di un certo livello sono dotati di più strati di schermatura (vedi foto sopra).
·       Assemblaggio del cavo e ancoraggio ai Jack.
Molto importante è la struttura e la robustezza del cavo, da una parte per poter assicurare lunga vita allo stesso, dall’altra parte per migliorare la trasmissione del segnale. Alcuni studi dimostrerebbero che cavi strutturati a treccia (in gergo si dice Tweestati) migliorano notevolmente la qualità del segnale audio andando ad agire sui valori di induttanza, resistenza e capacità.
Inoltre connettori jack robusti e saldamente ancorati al cavo assicurano sicuramente una durata superiore alla media.
·       Flessibilità dei materiali.
Altro parametro assolutamente non trascurabile è la flessibilità del cavo. Tale proprietà allo stesso tempo ne allunga la vita e fa sì che non si creino disturbi nella trasmissione del segnale.


Sul mercato la lista di ottimi cavi è davvero ampia, e con essa anche la relativa fascia di prezzo. In alcuni casi si può arrivare a spendere più di 100 euro per 4,5 metri di cavo. Per quel che mi riguarda, circa un mese fa ho acquistato uno degli ultimi nati in casa Planet Waves e devo dire che la qualità c’è e si sente. Il prezzo è nettamente al di sotto di quello appena sopra citato.
Nel mio arsenale cavi c’è anche un ottimo prodotto italiano (MPE), un cavo Horizon DeLuxe e tanti piccoli cavi George L’s che io consiglio esclusivamente per le connessioni tra i vari pedali.

Ecco qui di seguito una risorsa molto interessante per chi voglia farsi un’idea più precisa da un punto di vista tecnico:
Have a good tone friends !


domenica 13 marzo 2011

AMPLITUBE 3

Buongiorno a tutti ragazzi.
Quante volte vi è capitato di non avere voglia di fare il warm up al vostro ampli valvolare, collegare l’intero setup, iniziare a provare qualcosa a volumi degni di scomunica da parte di Pete Townshend e poi alla fine rendervi conto che avete suonato sì e no mezz’ora ?
Beh…a me capita abbastanza spesso, ed è per questo che circa 15 giorni fa, con l’obiettivo di ottimizzare lo studio, ho installato sul PC il famosissimo  AMPLITUBE 3 di casa IK Multimedia
Devo dire che, contrariamente alle aspettative, farlo girare correttamente non è stato un problema. Io possiedo un Notebook Toshiba Satellite di fine 2007 equipaggiato con processore Core2 Duo, 1,80 Ghz e 2GB di memoria che tutto sommato se la cava ancora discretamente.
Entrare nella stanza delle meraviglie di Amplitube è fantastico, in un attimo si ha l’impressione di possedere quanto di meglio sia mai stato prodotto a livello di effetti e ampli. Naturalmente ho fatto un veloce giro di perlustrazione, come per magia mi son sentito Hansel nella casa delle meraviglie: prendi un compressore da qua, mettici un boost di là, colleghiamoci un doppio tubescreamer, quindi un pizzico di buon vecchio Phase non guasta, e naturalmente non si può rinunciare a quel magnifico analog delay. Certo che suonare con un Blackface e un Orange affiancati non sarebbe male, magari con una 2x12 da una parte e una 4x12 dall’altra. E perché no, con un paio di belle camere di reverbero, ecc. ecc.
Devo dire che ho semplicemente scherzato e girovagato per il programma, cercando di farmi un suono che non ho ancora trovato perché la qualità dei vari giocattolini presenti nel software l’ho potuta solo minimamente assaporare, ma non gustare in pieno.
Il problema nasce dal fatto che non possiedo una scheda audio esterna USB e quindi sono stato costretto, tramite riduttore, ad entrare diretto nella presa MIC del Pc e sfruttare i due minuscoli altoparlantini (situazione in cui un paio di coni da 6” assumerebbero la valenza di un intero stack !)
E tutto ciò non m’ha entusiasmato tanto perché la resa dei vari simulatori di ampli/effetti/ecc… ne ha risentito parecchio. E con essa anche la mia guitar libido ;-)
Quindi, come si suol dire, la domanda nasce spontanea: “Quale scheda comprare con un budget di circa 120 euro?”
Ho visto che attualmente sul mercato, tenendo conto del budget poc’anzi citato, ci sarebbe la Line6 UX1, la M-Audio Fast track e la Edirol (UA4-FX o UA25-EX ?). Mi piacerebbe  conoscere le esperienze di qualcuno di voi in merito a qualche prodotto particolarmente valido.
Ah, un ultimo appunto: ho notato che tra gli ampli quello che rende di meno a livello di simulazione è, ahimè, il Plexi. Tra l’altro m’ha colpito l’elevato livello di fruscio sempre presente. Per quel poco che ho testato il software posso dire che questi sono gli unici punti a suo sfavore.

Have a cool Tube sound friends !

domenica 6 marzo 2011

Mike Bloomfield's SUPER SESSION

Buongiorno a tutti amici seicordisti.
Chi di voi ha fatto la piacevole esperienza di telefonare ad un paio d’amici musicisti per organizzare una Jam al volo, incontrarsi, accordare gli strumenti, premere il tasto rec di un registratore, e via dopo un paio d’ore con un documento indelebile (o quasi) dell’indimenticabile tempo trascorso in musica ?
Sicuramente in tanti, compreso il sottoscritto, ma quando tutto ciò avviene tra personaggi del calibro di Mike Bloomfield, Al Kooper e Steve Stills la cosa prende una piega un attimino differente, la jam diventa qualcosa di più, insomma si trasforma in una SUPER SESSION !

Beh, sì. Perché è proprio questo il capolavoro che oggi vado a presentarvi. Probabilmente la maggior parte di voi già conosce il mitico album, ma per chi invece non avesse mai avuto il piacere d’ascoltarlo o per chi ne ha sentito parlare, ma non si è mai impegnato nella ricerca consiglio fortemente di darsi da fare a trovarlo.
La prima uscita dell’LP del 1968 conteneva 9 brani, la versione remastered da me acquistata vede al suo interno anche 4 bonus track, di cui una live.
In questo lavoro non c’è una sola nota che non attiri l’orecchio del buon ascoltatore.
E’ il classico album che ti folgora al primo ascolto e dal primo istante, una fusione di Blues, Jazz, R&B, Swing e Rock molto difficilmente riscontrabile in altri lavori.
Tant’è che a proposito del primo brano Rolling Stone scrive :”Bloomfield’s opening and closing solos in Albert’s Shuffle are stunning displays of grip and virtuosity, of his ability to fire dense knots of melody with dead aim”.
Credo si traduca da sola un’affermazione del genere.
Non si riesce davvero a prender fiato ascoltando quest’album.
Nel secondo brano, Stop, lo splendido tappeto di organo lascia libero Bloomfield di
metter mano ad un fraseggio blues davvero sublime nonché ad una scelta di suono che trovo splendida.
Un picco notevole nell’intero album lo si raggiunge senza dubbio durante “His Holy Modal Majesty”, un brano jazzato della durata di 9:13 in cui il repertorio tecnico stilistico offerto da tutti i musicisti è meraviglioso, col nostro Bloomfield impegnato in fraseggi Jazz-blues tesissimi che si sposano in maniera eccellente col tono solenne dell’intera composizione.
Quindi  con “Really” si ritorna per circa cinque minuti in territori più blues e sempre ricchi di spunti improvvisativi interessantissimi, per poi tuffarsi in “It takes a lot to laugh, it takes a train to cry”, un allegro rock ‘n’roll dal leggero sapore country in cui il riccioluto Bloomy sfodera qualche lick davvero notevole.
Ed è così che arriviamo in zona ciliegina sulla torta. Infatti “Season of the witch” a mio avviso vale il prezzo dell’intero album, un brano che quasi non si riesce a descrivere da quanto è geniale ed evocativo. Il suono del Wah-wah di Mr.Bloomfield su questa traccia è quanto di più bello abbia mai ascoltato in vita mia, e l’utilizzo è davvero magistrale e va a fornire dei colori magici a tutta la splendida tessitura armonica che il resto della band tiene su in maniera unica.
Arrivati a questo punto si è in una tale situazione di appagamento sensoriale che con gli ultimi due brani si passa come per magia allo stato d’estasi.

I feticisti del vintage sound come me sbaveranno all’ascolto del magico Phase analogico in “You don’t love me”, e acoltando Harvey’s Tune si avrà la sensazione di essere proprio lì, in quella lontana America di fine anni ’60 che ha regalato a tutti noi l’impagabile gusto di collegare una Les Paul ad un Blackface (lo so, beato chi può farlo…) ed essere piacevolmente cullati da una sublime scia di note.
E’ per la prima volta che mi pongo a tutti voi in veste di recensore di LP, ma oggi non ho saputo tirarmi indietro quando ho pigiato il Play sul mio stereo.
So che adesso dovrete correre nel più vicino negozio di dischi per chiedere di SUPER SESSION di Bloomfield,Kooper & Stills, ed è per questo che vi faccio i miei più crunchosi saluti e vi do appuntamento al mio prossimo sconosciuto articolo.
Oldstrato

sabato 26 febbraio 2011

A proposito di Jimi Hendrix

Ciao ragazzi.
Ho pensato che dopo un articolo sul Fuzz Face non potevo esimermi dal prendere in esame l'intero setup del grande Uomo che cambiò le sorti della chitarra elettrica. Lo farò nella maniera più chiara e sintetica possibile, naturalmente lasciando spazio ad eventuali scoop da parte di tutti voi.


Iniziamo dall'ottobre del 1966. Jimi è giunto da circa un mese nella Swinging London e si prepara al grande esordio discografico con la sua Experience. Il primo singolo che cambia le sorti del Bob Dylan Nero (così era soprannominato all'epoca Hendrix...) è il brano Hey Joe, uscito nel Dicembre 1966.
E complice di questo grande successo è uno Stack Marshall JTM45/100 Super Amplifier nuovo di pacca (dedicheremo al grande ampli un intero Post!),
 una Fender Stratocaster, un Wah Wah Vox o Crybaby e qualche Fuzz sparso qua e là per lo studio di registrazione.


Jimi era un maniaco del suono, un vero pignolo. E la grande instabilità elettronica caratteristica dei primi esemplari di Fuzz lo portava ad attrezzarsi di svariati pedali che poi man mano selezionava in base alla timbrica e alla sonorità desiderata.  Tra i Fuzz adoperati da Hendrix nel primissimo periodo compaiono il FuzzTone Maestro e alcuni Fuzz costruiti per lui dal chitarrista della band The Fugs.


Ma è senza dubbio il Fuzz Face della Dallas Arbiter (vedi post precedente) a prendere posto come protagonista principale ai piedi del grande JIMI.
Tra l’altro nel 1967 Hendrix conosce Roger Mayer, un esperto elettronico al servizio della Royal Navy che già da qualche tempo costruisce effetti per chitarra a personaggi del calibro di Jeff Beck e Jimmy Page.
Da quanto riferito dallo stesso Mayer, Hendrix era sempre alla ricerca di nuovi suoni, sfumature timbriche particolari, e continuamente gli chiedeva di mettere su qualcosa di nuovo, di modificare i pedali in suo possesso per creare nuovi suoni.
Fu così che dall’ingegno del dottor Mayer venne fuori l’Octavia, altro aggeggio infernale che caratterizza il sound di Hendrix a partire da Purple Haze, brano in cui è ben evidente l’utilizzo di detto pedale. Grazie a questa scatolina magica, che esamineremo poi in dettaglio in un Post dedicato, la nota suonata viene sovrapposta ad un’altra nota più alta di un’ottava creando un effetto Synth.


In studio Hendrix, inoltre, amava suonare con un Leslie, strumento capace di conferire un effetto rotativo al suono, e  che nel 1969 fu riprodotto dalla Univox sotto forma di pedale. Tale effetto prese il nome di UniVibe. Anch’esso andò ad infoltire l’arsenale pedali di Jimi. (N.d.r. Osservate bene i filmati di Woodstock ’69…).




Per chi di voi voglia dilettarsi con un po’ d’inglese consiglio il libro
“Jimi Hendrix Gear: The Guitars, Amps & Effects That Revolutionized Rock 'n' Roll”  tra i cui autori figura Roger Mayer !
E naturalmente consiglio l’ascolto attento dell’intera discografia Hendrixiana!
Have a Good Tone!